di Ignazio Salvatore Basile
Fabrizio, dopo aver divorziato dalla prima moglie, ma prima di incontrare Dori Ghezzi, s’innamorò di una ragazza borghese, una certa Roberta. Era una ragazza molto intelligente e spiritosa ma terribilmente borghese. Io, diceva Faber, con la pelle color delle olive, mezzo cartaginese, sicuramente ligure e anche un poco sardo, vado a innamorarmi di una donna con la pelle più chiara della mia, che si lavava con delle saponette profumate.
Sua madre, una sciura di Torino, gli aveva detto: ‘Va bin, ma in fôndo questi intellettuali non sono poi così balòss, così stronzi, neh’! Gli chiese di regolarizzare il loro rapporto e lui si mise a cercare una casa a Milano per andarci a convivere. E invece a quel punto lei si spaventò e gli disse che forse sarebbe stato meglio lasciarsi. Com’è che facesse Fabrizio a mantenere dei buoni rapporti con le donne che aveva amato, resta un mistero forse legato alla sua genialità. E com’è lontano il Giugno del 1973!
Negli anni settanta io ce l’avevo con la borghesia; e con la borghesia milanese in particolare. A quel tempo non sapevo neanche cosa fosse la borghesia ma ce l’avevo con loro; forse avevo capito che in Costa Smeralda erano diventati loro i padroni (e non è un caso che De André se ne sia andato invece all’Agliata, vicino a Tempio, lontano dalla Costa Smeralda); O forse erano le canzoni di allora come “Piccola Borghesia” di Claudio Lolli e ancora prima una delle voci dei giganti; quelli vecchi come me se la ricorderanno, balbettante per finta: “La mia famiglia è di gente bene, con mamma non parlo, con babbo nemmeno; lui mette le mie camicie, e poi mi critica se vesto così!”
In ogni modo a un certo punto De André decise di esibirsi dal vivo. A dimostrazione della posizione che De André occupava sulla scena artistica del periodo, la tournée si svolgeva in feste dell’Unità, di Lotta Continua e poi alla tanta contestatissima Bussola. Poco dopo, siamo alla fine degli anni settanta, ci fu la tournée con la PFM.
Artisticamente la cosa fu un enorme successo perché i dischi che ne sono usciti sono eccellenti, ma si trattava lo stesso di un’unione senza principi con palesi scopi commerciali che non si tentò neppure di nascondere. Franco Mussida, il virtuoso chitarrista della Premiata Forneria Marconi, selezionò alcune canzoni di De André che gli sembravano adatte a loro, fecero la tournée e poi amici come prima. Gli arrangiamenti furono davvero felici e alcune canzoni ne emersero ancora meglio, a dimostrazione della profondità del loro tessuto poetico, ma il senso complessivo dell’operazione aveva il respiro corto.
In quel periodo peraltro fare concerti era dura, con risse, gruppetti che si menavano, lo stesso De André contestato. Il 1973 è passato alla storia come l’anno della crisi petrolifera. Per la prima volta il mondo occidentale, e l’Italia in particolare, in quanto totalmente prima di materie prime, si rendono quanto di quanto siano fragili le loro economie, dipendendo massicciamente dal petrolio.
Non è soltanto una crisi petrolifera ma è una crisi che incrina la stabilità della comunità internazionale, con quella spina conficcata nel fianco del mondo, che è la questione israelo-palestinese, purtroppo ancora d’attualità. A volte mi chiedo: ma se ci fosse stato Enrico Mattei? La mano occulta che colpì il grande manager siciliano, sapeva che le sue carte, in una crisi come questa, sarebbero state sparigliate in suo sfavore proprio dall’Eni di Enrico Mattei.
In Italia il disagio sociale si fa sentire. C’è come un riflusso che dalle battaglie collettive degli anni sessanta, conduce a una riflessione, un’autoanalisi; qualcuno ha parlato di un’involuzione, un ripiegamento dell’individuo su sé stesso. È lontano il 1973, anche se a volte a me sembra così vicino!
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