Schiamazzi e Schiavazzi 

di Giampaolo Piga
La domenica in citta’ le cose da fare non sono moltissime e ci si deve accontentare di qualche passeggiata in spiaggia o di poche altre cose. Tra le poche altre cose una capatina al mercatino di San’Elia è tra le mie preferite anche perche’ tra le vecchie cose usate e vissute mi capita spesso di trovare cimeli che riesco ad aggiudicarmi per pochi spiccioli.
Una volta rimasi incantato alla vista di una foto che ritraeva Piero Schiavazzi...la corteggiai a lungo ma il prezzo di quell’ebreo era davvero esagerato e fuori mercato. Una cosa strana pero’ mi colpi’ molto: guardavo l’immagine del tenore proprio nella via a lui dedicata: ho trovato Piero Schiavazzi in via Piero Schiavazzi.
Mio padre mi portava spesso al cimitero monumentale di Bonaria e benche’ avesse due entrate, prediligeva quella meno comoda solo per portare un saluto alla tomba del tenore…non capivo chi fosse perche’ ero davvero piccolino tanto che per anni ho pensato che nella tomba ci fosse “Schiamazzi”.
Nato a Cagliari fece una sfolgorante carriera grazie anche a Pietro Mascagni che lo educo’ al canto e lo volle per le sue piu’ importanti opere liriche.
Generoso come pochi nella scena e nella vita si ridusse ben presto mal in arnese e nonostante la sua situazione economica non fosse paragonabile a quella del piu’ fortunato collega Enrico Caruso, girava per Cagliari vestito come un gran signore salutato e rispettato da tutti come un gran signore quale era.
Mario del Monaco racconto’ di averlo visto in ristorante dare 100 lire di mancia al cameriere che lo aiutava ad indossare il cappotto…di li a poco chiedeva di poter cantare per la stessa cifra trovando pero’ tutte le porte chiuse.
“Sincero” vuol dire “senza cera”, in antichità quando le statue venivano male le si aggiustava con la cera”.
Questa è una interessante nota della Treccani per spiegare una mia birichinata di tanto tempo fa che ora mi fa sorridere ma che allora essendo il mio “modus vivendi” costituiva la mia salvezza per tirare un po’ avanti
Si è sempre sentito dire e insistentemente che le lingue morte non sono che una perdita di tempo ed è inutile studiarle, io invece ero dell’avviso che per capire quella viva di oggi quella morta di ieri era utile, eccome se era utile, e non solo: la ginnastica mentale dello studio del latino puo’ giovare davvero tanto per tutte le situazioni della vita.
Captai per caso la vecchina che cercava disperatamente un frate che potesse restaurare il suo Crocefisso molto antico e prezioso ed io trovandomi per caso nella chiesa di San Domenico ( mio fratello era frate ), fiutai l’affare e proposi alla signora un “artigiano” di mia conoscenza che le avrebbe risolto il problema…riuscii a convincerla e mi ritrovai tra le mani un manufatto in legno di enorme valore.
A casa accesi un cero, non per devozione pero’, ma per l'”imbroglietto”: nelle crepe e spaccature ci misi la cera sciolta per poi modellarla e cesellarla a dovere. Il Crocifisso era tornato nuovo!
Quella fu la prima volta che grazie al latino e alla fame, mi ritrovai con 20.000 lire in tasca e poiche’ a stento, e non tutti i mesi, la mia paghetta era di 10, camminavo a testa alta sulla via Roma verso la “Casa del disco“.
Scelsi “Granata” di Mario Lanza e portato il disco alla cassa il tizio si esibi’ in un patetico:< granataaa> ed io pronto a pieni polmoni:< GRANATAAA!!!>. Mi aspettavo un caloroso applauso ed invece la signora delle pulizie mi minaccio’ con lo straccio sporco:< cittiridda bosci de orcu!>
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