Poesia ai tempi del Coronavirus

La tua casa sul mare (Andrà tutto bene)

di Sara Spanu

Stanotte qualcuno ti sussurrerà
di gelidi tempi e di navi attraccate,
di tramonti perlacei intonacati
sulle dimore dei poeti.

La sua voce di metallo una sassata:
“il sonno è un passatempo da scartare”
mentre tu sei una stella marina, e vegli
su correnti d’inferno.

Stanotte qualcuno sosterà
sulle tue tempie
come fossero
autogrill di paure e ansie
da consumare.

Notizie rapide come fulmini
parlano di un re intoccabile.
I fogli di giornale come lame
colpiscono e raccontano ovunque
del viaggio all’ombra
di questo sovrano,
carceriere
dei nostri passi.

La sua sagoma nera avanza
come la lancetta di un orologio,
cammina nelle linee delle mani,
sulla mappa di un volto
che assume la forma
di tutte le terre emerse.

I veri continenti siamo noi,
archi vulcanici nei reparti,
col camice azzurro
il viso dimezzato
da una maschera,
il sorriso nascosto.

Acqua che spegne gli incendi
nelle cliniche bianche,
noi come San Giorgio
contro il drago:
c’è una creatura alata
dispettosa da sconfiggere.

Ché, come nel prato scolorito
si erge un geranio rosso, atroce,
così sopravvive agguerrito
un fantasma quieto e feroce:
esso sta
in fila, tra gli incappucciati,
sordo ai nostri fremiti,
cieco di fronte a costellazioni
di genti sparse
come polvere da sparo
sulle vetrate frantumate
dei paesi variopinti.

Stanotte qualcuno ti sussurrerà
una clessidra con voragini di sabbia,
e un lasso di un mese infinito
che a fatica dissolve
varchi temporali di
lunghe passeggiate
abbracci forsennati
e umidi scogli,
in cui bucarsi le scarpe
macchiate già
di rotte intraprese,
di braccia slegate.

Stanotte qualcuno busserà violento
al tuo petto gravido
di stanze spoglie
di banchetti inondati.
Ma tu non dargli ascolto.
Sul campo ti farà sentire solo.
Ma tu non lasciargli
il trono del tuo Tempo.
Non abdicare.
Armati.
Amati.

Figli lontani dalle madri,
madri separate dai padri,
questa perturbazione ci
deruba degli incontri, delle scelte,
del lavoro, dei teatri,
degli asili, dei maestri,
dei viaggi, del contatto,
di un bacio, della tavola allargata,
di violini.

Ma immune alla tempesta grigia
resta l’ametista delle piccole cose,
gli ingredienti
di una torta,
delle luci del mattino,
dell’albero di limone
che balla con le api,
del pane fatto in casa,
del canto della luna
a mezzogiorno
del volo della mente
libera
dalla materia,
delle lettere stampate,
della creazione audace,
del Sole che si accende
e lampeggia sul tessuto blu:
è il cielo di una primavera
ricamato per scaldarci.

Ora bisogna fermarsi.
Ora bisogna imparare.
Ora siamo tutti figli unici
che hanno fratelli e sorelle
da proteggere.

”Ora” è il nascituro da curare.
Con pazienza,
con tenacia.

Stanotte qualcuno ti sussurrerà ancora.
Allora ci sarà un tonfo di battente:
È la Speranza, a lei puoi aprire
fino a che non tornerò anch’io,
fino a che non saremo in due
sulla veranda dei girasoli
a prendere in faccia il vento.

Verrò con lei, stanotte, ad acchiappare
le raffiche e le cose crudeli
sul cuscino dove
ti assordi e ti rannicchi.
Indosserò l’alba e il cobalto
bacerò le tue ciglia
le ascolterò sospirare piano.

Come ogni notte,
stanotte, io,
la tua casa sul mare.

Mi adagerò sulla tua guancia
e sognerò insieme a te
le cose belle che ci aspettano
su una panchina di rugiada,
i palpiti che tra i coralli
riecheggiano
degli occhi più dolci.

Ricordiamo il nostro posto,
pensiamolo e adesso incontriamoci così:
in quel blu d’oltremare
le mani si intrecciano
tènere
in tempi proibiti.
E sui fondali riflettiamo
un amore che deve aspettare.

Stanotte ti bacio e andrà tutto bene.

Stanotte io la tua casa sul mare.

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