La prima alla Scala, gioie e dolori

 

foto https://www.corrieredicomo.it/

Non si può dire nulla o quasi di questa meravigliosa prima dell’opera Tosca di Giacomo Puccini che ieri ha inaugurato la stagione lirica al Teatro alla Scala di Milano. Un evento che attira l’attenzione non solo dei melomani appassionati ma anche di tanti curiosi comuni mortali che vogliono capire cosa c’è di tanto bello nella musica operistica. 

E’ stato trasmesso in diretta televisiva sulla prima rete nazionale RAI, (quasi tre milioni di spettatori) ma questo ormai è riduttivo perchè se un tempo dire che sarebbe andato in eurovisione poteva far sembrare l’evento grandioso, oggi con internet si raggiunge veramente ogni angolo del globo.  Intanto grazie alla “Prima diffusa” i milanesi e tutti coloro che lo desideravano hanno  potuto vedere lo spettacolo in 38 diversi luoghi di Milano. 

Ma veniamo a noi. Bella la regia televisiva che, grazie alla tecnologia d’avanguardia ci ha fatto vedere anche ciò che il pubblico dalla platea non poteva percepire.  Milly Carlucci e Antonio Di Bella, durante le pause hanno intervistato alcuni  ospiti  interessanti tra i quali Raina Kabaivanska , celebre Tosca dell’imminente passato, e  lo psichiatra Vittorino Andreoli il quale ha sviscerato gli aspetti psicologici dei personaggi pucciniani e nello specifico  Scarpia e Tosca.

Gli artisti a mio avviso, sono stati di un livello altissimo ma siccome la perfezione non esiste è bello poter esprimere anche un punto di vista . Sui social ieri sera si è detto di tutto e di più e in qualche occasione anche a vanvera.

Anna Netrebko nel ruolo di Tosca, secondo me c’era tutta sia vocalmente che scenicamente. Forse ha esagerato un po’ col registro di petto soprattutto al suo ingresso. L’effetto è stato quello da subito di una donna gelosa ma un po’ troppo aggressiva   . La sua è una voce magnifica senza problemi di estensione, volumi e colori. Ha eseguito il “Vissi d’arte” con grande passione ed emozione. Qualcuno ha sottolineato la piccola defaillance all’attacco. Ma stiamo parlando davvero di quisquilie. Più evidente è stato l’errore nel dialogo con Scarpia che l’artista ha camuffato con una smorfia.(V.foto) In altri tempi nessuno se ne sarebbe accorto ma le telecamere sul  viso non perdonano. Però ben vengano gli errori, la perfezione esiste solo in sala di registrazione, che si sappia.

 

Francesco Meli nel ruolo di Cavaradossi mi ha lasciato un po’ perplessa. Non si può dire nulla sulla sua vocalità bella. Nelle sue due arie più famose è stato eccellente e generoso nel tenere gli acuti e nell’utilizzo dei falsettoni oltre che nell’interpretazione. Ma nei duetti purtroppo spariva sovrastato dal fiume di voce della Netrebko. Non essendo presente in sala non ho potuto capire se fosse un problema di microfoni-televisivi oppure , come penso, la sua è una voce più da Nemorino che da Cavaradossi. Per i non addetti parliamo di tenore lirico leggero nel primo caso e di tenore drammatico nel secondo.

 

Luca Salsi per me è stata davvero una rivelazione. Ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente e di poter cantare vicino a lui in diverse occasioni al Lirico di Cagliari. Era giovane ma già di grande talento e ieri mi ha davvero impressionato. Ha ben disegnato uno Scarpia che abusa del suo potere per conquistare Tosca,  cattivo, viscido, malvagio, il demonio in persona, c’era  tutto  con una voce piena, supportata da una tecnica che gli ha permesso l’utilizzo delle  mezze voci insinuanti . Il giusto effetto che mirava a far esplodere la gelosia di Tosca nei confronti del suo amato Mario.

La regia di Davide Livermore non è stata una sorpresa. Finalmente abbiamo rivisto l’opera con la sua vera identità anche scenografica ( (Giò Forma) . Originale  la scelta della controfigura di Tosca, comparsa in due momenti importanti: l’uccisione di Scarpia (Tosca sdoppia la sua personalità nel fare una azione di cui lei stessa si stupisce ) e il suicidio da Castel Sant’Angelo che, diversamente dalla tradizione, mostra, attraverso una proiezione, il momento del volo visto dall’altro quasi a volerla far sembrare un angelo. Il palcoscenico mobile che in diverse occasioni ha potuto mostrare contemporaneamente due ambienti diversi, non è piaciuto a molti, io l’ho apprezzato come idea veramente geniale.

Bel cammeo di Alfonso Antoniozzi nel ruolo del Sagrestano e ben interpretati l’Angelotti di Carlo Cigni, Spoletta di Carlo Bosi, Sciarrone di Giulio Mastrototaro, Carceriere di Ernesto Panariello e il pastorello del giovane promettente Gianluigi Sartori.

I costumi non mi sono piaciuti e non ho un perchè. Forse non li ho capiti. 

Riccardo Chailly rimarrà nella storia della musica come uno dei più grandi direttori dei due secoli

 

 

 

 

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