Il mio ricordo di Lorin Maazel

Nel mio studio, sopra il pianoforte , sono in bella mostra diverse foto autografe di cantanti e direttori che ho avuto modo di conoscere in tanti anni di professione. Ad una foto però sono particolarmente affezionata, quella del famoso direttore d’orchestra Lorin Maazel , uno dei più grandi del mondo che ha diretto a cavallo dei due secoli, e che oggi  ci ha lasciati a 84 anni.

Ci diresse in una memorabile Nona di Beethoven , in un’ Aida ,e, lo ricordo ancora meglio, in un concerto dove, cosa rara,  il nostro coro non era accompagnato dall’orchestra del Teatro lirico di Cagliari bensì   dalla New York Philharmonic Orchestra .

Alla fine del concerto, mentre lasciavamo il nostro camerino, anzichè dirigermi all’uscita del Teatro, ho cambiato rotta e mi sono diretta invece verso il  camerino del maestro Maazel in fondo al corridoio.  Davanti alla sua porta non c’era nessuno. Stranamente qualche anno prima per poter avere l’autografo sul manifesto feci una fila di quasi mezz’ora. Si diceva che fosse molto burbero e che con la stanchezza del concerto, quel giorno, non avrebbe certo avuto voglia di firmare autografi.

Con molta faccia tosta ho bussato. Ho pensato che male andando non mi avrebbe risposto oppure mi avrebbe mandato a dire che non riceveva nessuno. E invece… sorpresa!

Mi aprì subito un ragazzetto biondo di 10 anni, vestito come un ometto, il quale con un bel sorriso mi fece accomodare. Lui, il Maestro, stava in fondo alla stanza seduto in poltrona. Vedendomi, mi sorrise anche lui invitandomi  ad avvicinarmi. Alla sua destra una giovane donna che mi tendeva la mano. Dentro di me ho pensato che mi avessero scambiato per una loro conoscente. Mi sono avvicinata porgendo la mano a tutti e due e facendo i complimenti al maestro Maazel  per la buona riuscita del concerto. Gli ho domandato poi di autografarmi una sua foto acquistata la mattina alla fine della prova generale. Mi ha chiesto una penna ma io, imbranata e imbarazzata non ne possedevo. per un attimo mi sono sentita una “Fantozzi”.  Il ragazzo per fortuna (ho scoperto che era il figlio) gli porse velocemente la sua.

Tutta soddisfatta ho salutato e sono andata via contenta del bottino, ma soprattutto ero contenta  per aver sfatato la diceria che fosse burbero.

Buon viaggio maestro, è stato un onore lavorare con lei!

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