La cultura genera ricchezza

L’articolo è dello scorso anno ma sembra scritto ieri. Interessantissimo!
Cultura un investimento? L’Opéra di Lione moltiplica per tre ogni euro pubblico

In tempi di vacche magre, i tagli alla cultura non servono affatto a far quadrare i bilanci. Anzi, è vero il contrario: gli investimenti in cultura possono essere molto remunerativi. È quanto ha dimostrato uno studio francese, che ha fatto scuola, «misurando» l’impatto socio-economico dell’Opéra di Lione sul territorio. Il risultato? Per ogni euro di sovvenzione pubblica, si ottiene una ricaduta positiva di circa tre euro.
Quanto vale l’indotto
La ricerca è stata commissionata dallo stesso direttore, Serge Dorny, alla società Nova Consulting, ed è stata condotta da marzo a luglio 2011, attraverso un questionario compilato da 25mila spettatori, mentre altri 5mila sono stati direttamente intervistati. E le conclusioni sono sorprendenti. Per un euro di sovvenzione pubblica (il teatro riceve fondi da comune, stato, regione) l’Opera di Lione genera circa tre euro di ricaduta diretta sul territorio, oltre all’impatto globale sulla città. Così, per 29 milioni di euro di finanziamenti, le ricadute economiche superano gli 80 milioni.
In particolare, per ogni euro di sovvenzione, l’Opera crea 0,80 euro di impatto economico attraverso i consumi degli spettatori (ad esempio in bar, ristoranti, alberghi, negozi).
Altri due euro, invece, sono prodotti attraverso le attività del teatro (sia con gli stipendi ai dipendenti, sia con gli appalti ai subfornitori locali per settori quali sicurezza, manutenzione, materiali per le scenografie e i costumi, trasporti, eccetera). Quale altro investimento è oggi altrettanto remunerativo?
La cultura genera ricchezza in senso stretto. Ma non solo.
L’Opéra di Lione, insomma, è una realtà economica di notevole importanza per la città. Non soltanto perché ha un budget che – dopo l’Opera Bastille – è il secondo per importanza tra le istituzioni culturali francesi, superando i 38 milioni di euro l’anno, di cui 29 provenienti da stanziamenti pubblici: il 60% dalla città di Lione, il 20% dallo Stato, il 10% dalla regione Rhone-Alpes e il restante 10% dal dipartimento del Rodano).
Un budget di tutto rispetto, che permette all’Opera di Lione – che spazia dalla lirica alla musica sinfonica e da camera, al jazz, fino alla danza e al balletto – di montare opere in co-produzione con l’Opera di New York, e di avvalersi di un coreografo come Benjamin Millepied.
Lo studio, tra l’altro, ha permesso anche di conoscere meglio il pubblico del teatro, fornendo chiare indicazioni di marketing: così si scopre ad esempio che l’età media del pubblico dell’Opéra di Lione è di 47 anni, al di sotto della media che per i teatri è di circa 50 anni.
Gli effetti positivi in termini di «soft power»
Ma il discorso non si esaurisce qui. Grazie alla qualità dei suoi spettacoli, l‘Opera è divenuto un elemento fondamentale per accrescere l’attrattività della metropoli francese, sia in termini turistici, sia in termini di innovazione che di investimenti economici: basta pensare alla capacità di attirare l’insediamento delle grandi imprese e il loro radicamento sul territorio, oppure agli effetti positivi sulla coesione sociale e sulla stessa identità locale, ciò che viene oggi definito come «soft power», potere morbido, insomma.
Indicazioni di percorso
Lo studio francese, contribuisce inoltre a «smontare» i luoghi comuni che oggi, in Italia, portano a considerare i tagli dei fondi alla cultura come inevitabili, o comunque necessari, per far quadrare bilanci in perdita. Già, perché nel nostro Paese i musei vengono commissariati nonostante i record di affluenza e le opere d’arte delle istituzioni bruciate a scopo dimostrativo.
Eppure, mai come in questo momento, fioriscono gli appelli degli intellettuali a ripartire da ciò che abbiamo di meglio, dal meglio di ciò che siamo, per cercare nuove indicazioni di percorso, evitando di cadere nella barbarie.
Fonte: Il sole 24ore

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