Un rap per la Concordia

Era bello lavorare sulle navi della Costa: Pacifica, Serena, Concordia. Fare il fonico nell’ambito degli spettacoli in una delle più belle navi da crociera sarebbe stato il sogno di tutti i ragazzi. Per  Michele Greco, 31 anni, cagliaritano questo sogno si era realizzato. Lui ha una specializzazione tecnica altamente qualificata che gli ha permesso di occupare quel posto nonostante la concorrenza estera. Oggi, una figura professionale di tale livello la si può trovare solo nei Teatri Lirici.
Il giro era quello, ogni settimana:5 – 6 tappe nel Mar Mediterraneo. Quel giorno però ha avuto una piccola variante . Quella variante che purtroppo, sappiamo a cosa ha portato.
Michele non racconta facilmente quei momenti, è troppo doloroso ricordare, ma lo fa in musica e per l’esatezza con un Rap, quel genere di musica dove il testo segue un ritmo ossessivo, cantalenan, ritmat, descrittivo, in voga orami da quasi un ventennio. Le prime canzoni Rap, in Italia, le abbiamo sentite dal nostro Lorenzo Jovanotti a Sanremo.
E allora non mi resta che raccontarvi quei drammatici momenti di cui ricorre oggi il primo anniversario, attraverso il rap di Michele Greco, nome d’arte Quara, cagliaritano, fonico della nave da crociera Costa Concordia.

A UN PASSO DALLA COSTA

Qualcuno pensa porti sfiga venerdì quando è 13, pure io ho iniziato a crederci a gennaio 2012.Non sarei voluto esserci, ma stavo proprio lì, nella nave ormai famosa quasi quanto il Titanic.
Ecco i fatti: alle 9 e 40 della sera, io perseguivo la carriera di fonico di teatro, era il secondo spettacolo, ci inclinammo a sinistra, ‘abbiamo evitato un ostacolò.
Questo è quello che pensavo, altro non consideravo, ma i colleghi dalla cuffia con cui io comunicavo dicono: ‘sul palco è un casino, sta scivolando tutto, il piano, le scale, le scenografie… aiuto!’.
Ma nonostante tutto lo spettacolo continua, c’è lo show del mago mentre il pericolo si insinua, cerca qualcuno dal pubblico per un numero unico quando via la luce e l’audio black–out ma niente panico.
Esce la gente dalla sala, c’è chi è tranquillo e chi è in para, dagli altoparlanti una voce dichiara: ‘signori è tutto ok è solo un guasto in sala macchine!’ E tutto potevo pensare forchè a una voragine.
Per ora qua si galleggia ancora, torno alla mia dimora e farlo mi consola. Riabbraccio tutti i cari non vedevano l’ora di rivedermi vivo e se rivivo quella storia mi manca il fiato per un attimo, forse pure il battito se per un istante mi ritrovo là, non sono drastico, con la mante è là che latito, ma la mia salvezza è qua.
Da qui in poi perdo la cognizione del tempo, le ore son minuti e passa tutto in un lampo, i cellulari di servizio già non hanno più campo, ma è ancora presto per pensare che forse non c’è scampo.
Dal teatro col mio capo usciamo al ponte tre, sarebbe una bella serata se non fosse che siamo fermi e dai ponti esterni a poco più di un miglio da dritta si vede l’Isola del Giglio.
Non mi dilungo torno dentro, in zona cabine giungo, sento i sette fischi brevi seguiti da uno lungo. Emergenza generale, ma prima di salir le scale via in cabina per giubbetto e cellulare.
Dopo fuori al ponte quattro lato destro, è il posto assegnatomi per i casi come questo, c’è una calca di gente là dinnanzi alle lance, una ragazza che piange e il ragazzo a sè la stringe. E il quadro che si dipinge fa capire quant’è grave l’emergenza confermata dall’abbandono nave.
Si aprono i cancelli per l’ingresso alle scialuppe, tutti si fiondano e le persone sembran troppe. Per ora qua si galleggia ancora, torno alla mia dimora e farlo mi consola.
Riabbraccio tutti i cari non vedevano l’ora di rivedermi vivo e se rivivo quella storia mi manca il fiato per un attimo, forse pure il battito se per un istante mi ritrovo là, non sono drastico, con la mente è là che latito, ma la mia salvezza è qua.
Non c’è posto che avanza nei mezzi della speranza, per cercare di entrare gente va in escandescenza, non son forse a sufficienza per salvare tutti, dubita qualcuno che siamo quasi fottuti.
Gente dai volti distrutti mi chiede se è così, li assicuro del contrario pregando di aspettare qui. Vado dall’altro lato per veder la situazione, passando dal ristorante ‘Romà tra la devastazione.
L’evacuazione da questa parte è a un punto morto, le lance calandosi si incastrano di sotto, se al momento dell’impatto ci inclinammo a sinistra, mo la pendenza non ci aiuta in quanto va sulla destra. Poi la rovesciata brusca che tutt’ora ho bene impressa, per un attimo ho pensato: ‘la mia vita adesso cessà.
Mi lascio andare rotolando sul ponte, finendo sulla paratia in mezzo a tutta l’altra gente. Fortunatamente non riporto ferite e riprendiamo a camminare sopra porte e vetrate, ci dirigiamo piano verso poppa in fila indiana, là troviamo una scala per uscire da sta tana. Precedenza ai passeggeri per la messa in sicurezza e presto sarò fuori dal tunnel come Caparezza.
Siamo rimasti solo io e un mio collega, quando dalla penombra spunta un uomo che ci prega di aiutarlo urgentemente mentre ha una corda in mano, il suo piano è di calarla nel ristorante ‘Milanò.
All’interno ci sono 5 o 6 persone, urge fare questo a dopo la presentazione. Così facciamo ci prepariamo all’estrazione, salviamo sti ragazzi e giusto a fine operazione scopriamo che il signore della corda è il vice sindaco con cui adesso usciamo sotto un cielo color indaco.
Siamo sul fianco della nave coricata, aspettando i soccorsi è un’attesa infinita.
Giunge la Guardia Costiera salirci è una fatica, 4 meno 20 circa, siamo a terra è finita.

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