Ieri ricorreva l’anniversario della morte del grande baritono Antonio Manca Serra, nato a Cagliari, il 16 gennaio 1923, morto a Dublino il 25 aprile 1956. Mi ricordo che mio padre, grande melomane, mi raccontava sempre dei grandi cantanti lirici sardi e questo era uno di quelli.  

Manca Serra, all’anagrafe e al fonte battesimale era registrato con i nomi di Antonio Giuseppe Ricardo (con una c). S’iscrisse al Conservatorio Statale di Musica Pierluigi da Palestrina, che aveva sede nell’ex Palazzo Civico, al n° 1 della piazza Palazzo, nel quartiere di Castello.

«Voce di tenore», sentenziò all’esame di ammissione Renato Fasano, direttore del Conservatorio.  Di diverso avviso gli altri componenti della commissione.

Frequentò le scuole di canto di Laura Pasini e Maria Capuana: due grandissime cantanti e straordinarie insegnanti.

Conseguì il diploma nel 1945, con il massimo dei voti.

Vincitore d’una borsa di studio, frequentò il «Corso di perfezionamento e avviamento al teatro lirico», istituito dal Teatro dell’Opera di Roma, dove ebbe per docenti i direttori d’orchestra Giuseppe Morelli e Ugo Catania. Sempre a Roma, andò a lezione di arte scenica da Vittorio Gassman. Quando l’attore lo sentì in teatro, nel ruolo di Jago, abbracciandolo gli disse: «L’allievo ha superato il maestro!».

Debuttò nel 1947 al Teatro Mancinelli di Orvieto, nel Trovatore diretto da Ugo Catania: Jole Gavino era Leonora e Renato Gigli Manrico.

Forte d’un laboratorio di canto serissimo, capace di proporre parti che spaziavano dal Settecento al Novecento, si avviò in un itinerario di successi, lungo la strada del nomadismo artistico, di teatro in teatro, anche in quelli dell’estrema periferia.

Quei piccoli teatri delle esecuzioni di routine, che per i cantanti costituivano un’officina straordinaria, una palestra, un’arena dove s’imparava il mestiere, si affinavano le tecniche, si sentiva e si ascoltava il respiro del pubblico polimorfo. Dove – come ha scritto Bruno Barilli (1946) – «fra il pubblico e gli artisti in un lampo s’avverava il contatto: ed eran gridi, abbracci, fischi, baci e coltellate».

Una carriera affrontata con concretezza e portata avanti in maniera splendida. Una carriera breve, ma da protagonista. È passato cantando il repertorio di baritono autentico. Compreso il Fidelio di Beethoven, che non è teatro e che per cantarlo bisogna essere musicalissimi.

Quando morì era solo agli inizi, chissà quanto ancora avrebbe potuto dare. In neppure dieci anni ha mostrato in crescendo voce, scuola e tecnica. Ha mostrato gusto, musicalità, interpretazione, espressione, emozione, talento. Ha dimostrato, nel suo «giovanile ardore», di essere un baritono nato, un perfezionista instancabile, maniacale. Non una piccola tessera nel composito mosaico dei cantanti lirici, non uno dei tanti.

Nella sua voce – dal timbro bellissimo in tutta la sua estensione, maschio, nobile e omogeneo – e nel suo canto c’era se stesso. Era qualcosa di nuovo nel panorama della lirica. Non imitava nessuno, non mutuava stili, semmai gareggiava con i mostri sacri di quegli anni, ed erano tanti, italiani e stranieri. Fatta la tara agli stereotipi, ai ghirigori e ai bizantinismi tanto cari al melo-dramma (specie ai fedeli delle curve sud), si potrebbe concludere senza enfasi e senza santificazione che è stato e rimane un vero, grande baritono. Il suo repertorio era vastissimo e le sue partner sono state le cantanti più famose dell’epoca.

Repertorio: Ludwig van Beethoven, Fidelio. Vincenzo Bellini, I Puritani. Georges Bizet, Carmen. Pëtr Il’ic Cajkovskij, Eugenio Onieghin. Alfredo Catalani, La Wally. Nino Cattozzo, I misteri dolorosi. Gaetano Donizetti: L’elisir d’amore, La Favorita, Lucia di Lammermoor. Sandro Fuga, La croce deserta. Umberto Giordano, Andrea Chénier. Charles Gounod, Faust. Ruggiero Leoncavallo: Pagliacci, Zazà. Pietro Mascagni: L’amico Frizt, Cavalleria rusticana. Jules Massenet: Werther, Manon. Giacomo Meyerbeer, L’Africana. Wolfgang Amadeus Mozart, Le nozze di Figaro. Ildebrando Pizzetti, Fedra. Amilcare Ponchielli, La Gioconda. Giacomo Puccini: La Bohème, Madama Butterfly, Il Tabarro, Tosca. Gioachino Rossini: Il barbiere di Siviglia, Guglielmo Tell. Charles-Camille Saint Saëns, Sansone e Dalila. Giuseppe Verdi: Aida, Un ballo in maschera, Don Carlo, Ernani, La forza del destino, Otello, Rigoletto, La Traviata, Il Trovatore.

Cantò con Maria Callas, Renata Tebaldi, Elisabetta Barbato, Magda Olivero, Virginia Zeani, Alda Noni, Franca Duval, Maria Caniglia, Clara Petrella, Graziella Sciutti, Gré Brouwenstijn, Maria Pedrini, Jolanda Gardino, Adriana Guerrini, Cesy Broggini, Rosetta Noli, Rina Gigli, Ebe Stignani, Stella Roman, Giulietta Simionato, Giacomo Lauri Volpi, Beniamino Gigli, Mario Filippeschi, Giacinto Prandelli, Gianni Raimondi, Mario Del Monaco, Gianni Poggi, Gino Penno, Ferruccio Tagliavini, Franco Corelli, Ramon Vinay, José Soler, Achille Braschi, Umberto Borsò, Antonio Galiè, Giuseppe Vertecchi, Pier Miranda Ferraro, Emilio Marinescu, Vittorio De Santis… Insomma cantò con tutti i grandi dell’età d’oro del melodramma, come sono stati definiti gli anni Cinquanta.

Bibliografia:

Adriano Vargiu, Io non fui che quell’ora – La breve vita del baritono Antonio Manca Serr
a
(Ladiris de Sardigna, Cagliari, 2007)

One response

  1. Non conoscevo questo artista, mi piacerebbe ascoltare qualcosa … breve vita ma intensa di successi!!! Mandi nenet

    parola antispam Priego … per lui!

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